Articoli filtrati per data: Giugno 2014
Il sangue e i suoi componenti sono a tutt’oggi dei presidi terapeutici insostituibili, di cui esiste tuttavia una risorsa limitata. Infatti il sangue che quotidianamente impieghiamo per la cura dei pazienti ematologici, proviene dalla donazione volontaria e gratuita di molte persone che compiono generosamente un atto di grande solidarietà umana. L’Italia è ancora un paese non autosufficiente e in questi ultimi anni, accanto ad un numero di donazioni rimasto pressoché invariato, c’è stato un incremento della richiesta dovuto all’impiego di terapie sempre più aggressive e protratte, che vengono usate nella cura di molte neoplasie ematologiche.
Queste ultime inoltre sono in deciso incremento come dimostrano i dati dei registri tumori esteri ed italiani; tale fenomeno si spiega solo in parte con l’aumento dell’età media, perché se è vero che molte malattie ematologiche sono più frequenti nell’età avanzata, l’aumento di incidenza che è stato osservato negli ultimi 15-20 anni, pone indubbi problemi di inquadramento. Per tali motivi è essenziale che vi sia una selezione attenta e rigorosa delle indicazioni all’utilizzo delle donazioni di sangue; in questa prospettiva si colloca il ruolo dei “Comitati per il Buon Uso del Sangue” presenti in tutte le aziende sanitarie. Ma questo non elimina la necessità di avere da parte di tutti gli operatori sanitari, una adesione consapevole a quelle che sono le linee guida più aggiornate, anche perché, accanto all’incremento di richiesta di sangue, in Ematologia si è diversificata e specializzata la necessità di singoli emocomponenti (ad es. piastrine), spesso manipolati (lavati, irradiati ecc), o emoderivati (basti pensare all’incremento di utilizzo delle immunoglobuline ad uso anticorpale).
Pertanto per salvare vite umane e per consentire i progressi della Scienza, è necessario che un numero sempre maggiore di persone in buona salute doni generosamente il proprio sangue. Ed è grazie anche all’opera silenziosa e costante di migliaia di donatori che oggi si riescono ad ottenere straordinari risultati nella guarigione di alcune malattie che sino a pochi anni or sono sembravano irraggiungibili.In realtà, da sempre ma ancor più negli ultimi anni, l’Ematologia si è posta come una specialità di confine tra la parte assistenziale e quella di ricerca biologica: le informazioni sulle caratteristiche genetiche delle malattie ematologiche, hanno consentito di veder nascere una nuova categoria di prodotti farmaceutici denominati “biologici”, ovvero farmaci che interferiscono con i meccanismi iologico-molecolari alla base della crescita tumorale. In questo senso l’Ematologia si è trovata a svolgere un vero ruolo di apripista anche per altre specialità (oncologia, reumatologia, ecc), coronando tale ruolo con risultati così interessanti e positivi che oggi la maggior parte delle malattie ematologiche può efficacemente essere curata.
Questo comporta un notevole incremento dei costi farmaceutici, poiché tali nuovi farmaci hanno caratteristiche radicalmente diverse da tutti gli altri e conseguentemente costi di sviluppo e produzione più elevati. Accanto a tali importanti oneri economici, talora il Servizio Sanitario deve farsi carico anche della non autosufficienza di emocomponenti ed emoderivati; e per paradosso, a volte accade che il fattore limitante sulle scelte terapeutiche da proporre ad un paziente, sia proprio la maggiore o minore consapevolezza di poter disporre di sangue e derivati in quantità idonea. Ciò per fortuna non accade nella nostra realtà locale e regionale, ma lo sviluppo prossimo delle terapie biologiche in Ematologia (e non solo) passerà attraverso un ulteriore sforzo di disponibilità da parte dei donatori e delle loro associazioni.
Ed è uno sforzo al quale noi tutti dovremo contribuire con una sconfinata gratitudine.
Dott. Enrico Capochiani
Tratto dall’oposcolo del corso di formazione “L’importanza di una donazione”
È noto che nelle società occidentali l’etanolo è la sostanza psicoattiva maggiormente soggetta ad abuso. L’alcol ed i suoi problemi connessi alla sua assunzione sono argomenti di attualità soprattutto per quel che riguarda gli aspetti medico-legali.
La novità più marcata è la variazione della normativa del nuovo Codice della strada che stabilisce il livello consentito di alcolemia per i guidatori, che da 0,8 g/L è passato a 0,5 g/L. La nuova norma, avvicinando l’Italia ad altri Paesi Europei, rappresenta una risposta alla tutela della salute individuale e collettiva, se si pensa che le statistiche nazionali indicano l’alcol come responsabile di circa il 30% degli incidenti (circa 2000 morti) che avvengono ogni anno, soprattutto durante i week-end, in particolari fasce orarie (quelle notturne) e riguardano generalmente giovani.
L’alcol etilico, di solito assunto per via orale, viene assorbito rapidamente dallo stomaco e intestino in 2 – 6 ore, in funzione della presenza di cibo, il tempo impiegato per l’ingestione della bevanda, la variabilità biologica fra gli individui. Appena assorbito si distribuisce rapidamente in tutti i tessuti del corpo superando la barriera ematoencefalica e quella placentare. Dopo 20 minuti dall’assunzione, l’alcol raggiunge la massima concentrazione plasmatica, saliva ed espirato seguono da vicino le variazioni della sua concentrazione, mentre le urine raggiungono un massimo solo dopo 2 ore. Urine ed aria rappresentano le vie principali di eliminazione.
Dopo l’assorbimento l’etanolo viene metabolizzato per lo più dal fegato (80%), ed in misura minore dalla mucosa gastrica, polmone e rene. L’alcol apporta circa 7 Kcal/gr, non rappresenta un nutriente e il suo consumo spropositato danneggia fegato e SNC.
La Legislazione Italiana non considera reato il consumo di alcol a meno che il bevitore non debba porsi alla guida di un autoveicolo (D.L. 30 Aprile 1992). Il sospetto di tale reato autorizza gli organi preposti ad effettuare l’accertamento di “alterazione psico-fisica” dovuta ad alcol, accertamento che deve essere effettuato con strumenti e procedure dettate dal regolamento(DPR 16 Dicembre1992).
L’accertamento viene effettuato mediante l’analisi dell’aria alveolare espirata, con l’etilometro. I risultati ottenuti correlano con la concentrazione presente nel sangue. Per legge devono essere eseguite due misure con intervallo di 15’ l’una dall’altra e i due valori devono essere concordi. L’eventuale determinazione di alcolemia,può avvenire solo dopo consenso del soggetto in causa. L’accertamento tramite “palloncino” è utile nei casi di valutazioni immediate, dato che l’emivita dell’alcol è molto breve.
La diagnostica alcologica prevede invece la valutazione di una serie di markers :
GGT,MCV,AST,ALT CDT.
Tra questi la più recente è la CDT (Carbohydrate Deficent Transferrin), che aumenta nel sangue in assuntori cronici di alcol. Il consumo di una quantità > 50-80 g/die per almeno una settimana comporta valori di CDT alterati. L’astinenza da alcol per un periodo di almeno 14 giorni è sufficiente per riportare i livelli di CDT nella norma.
L’utilità di questo test è indubbia, in tutti i casi in cui esista la necessità di verificare una situazione di abuso alcolico cronico pregresso, riguardanti situazioni medico-legali, per il rilascio di patenti guida, per l’individuazione di forti bevitori allo scopo di ricercare nell’alcol la causa di una determinata malattia, ed infine nel follow-up e monitoraggio di variazioni del consumo di alcol nel caso di etilisti cronici in trattamento di dissuassefazione.
Prevenzione delle malattie legati ai viaggi
Il fenomeno del turismo mondiale è in grande espansione da molti anni (con una flessione temporalmente limitata dovuta all’attentato delle torri gemelle del 2001). Dati riferiti all’anno appena trascorso stimano in oltre 800 milioni/anno i viaggiatori per turismo nel mondo, di questi 5 milioni sono Italiani (fonte: “turismo e finanza.it”): questi numeri non tengono conto dei viaggi per lavoro e dei flussi migratori ma danno l’idea dell’importanza del fenomeno e degli eventuali problemi ad esso correlati.
Prima di mettersi in viaggio è utile seguire alcune norme che possono evitare di trasformare una piacevole occasione in una esperienza negativa o, per fortuna più raramente, anche pericolosa. Alcune di queste norme sono valide per tutti e per ogni viaggio, poi vi sono aspetti peculiari per singoli viaggiatori ed aree geografiche specifiche.
Consigli generali prima di partire
Almeno un mese e mezzo prima (ricordiamo che, quando necessarie, le vaccinazioni necessitano di alcune settimane prima di diventare efficaci) rivolgersi al Medico di famiglia per avere informazioni su: farmaci da portarsi dietro, norme igieniche e stili di vita da seguire (comprese le relazioni sessuali), eventuali patologie che controindichino l’utilizzo dell’aereo (es. malattie cardiovascolari non compensate), norme in caso di eventuale stato di gravidanza, vaccinazioni e chemioprofilassi consigliate; il Curante o direttamente l’interessato può decidere di rivolgersi poi alle strutture pubbliche che, nella nostra città, sono: Servizio di Igiene Pubblica (Borgo San Jacopo n° 59, Tel: 0586.223577, informazioni/vaccinazioni), Ufficio Sanità Marittima, Aerea e di Frontiera (Via Strozzi n°1, Tel: 0586.894000, informazioni/vaccinazione febbre gialla) e U.O.Malattie Infettive (Ospedale Livorno. Tel: 0586.223050, con medico sempre reperibile, per consulenze sia prima della partenza che al ritorno dal viaggio in caso di problemi clinici). Altra buona regola è quella di tutelarsi dal punto di vista assicurativo: per es. la nuova tessera sanitaria (in versione card) vale per tutti i paesi area UE (sostituisce il modello E111 o carta verde), vi sono poi paesi (USA in primis) dove la necessità di una prestazione sanitaria, anche banale, può trasformarsi in un impegno finanziario gravoso.
Provvedimenti specifici per il tipo di viaggio
Per quanto riguarda le vaccinazioni, si può dire in generale (una trattazione particolare è al di là dello scopo di questo breve articolo) che ve ne sono alcune obbligatorie per certi paesi di destinazione (es. febbre gialla), altre che si consigliano fortemente (es. epatite A), altre ancora limitate a situazioni molto particolari (es. rabbia, encefalite giapponese), infine alcune che non hanno dimostrato un vantaggio nel rapporto costo-beneficio (es. tbc, colera). Per quanto riguarda invece le chemioprofilassi queste riguardano essenzialmente: 1. la diarrea del viaggiatore: è una evenienza molto comune, soprattutto per chi viaggia nei paesi tropicali, colpisce un terzo circa dei turisti ed è causata da batteri, protozoi e virus spesso presenti anche nelle nostre zone anche se antigenicamente differenti. Nella maggior parte dei casi è autolimitantesi (24-48 h) e non richiede trattamento antibiotico ma solo idratazione (eventualmente loperamide per 1-2 giorni per alleviare il disagio alla vacanza), più raramente è accompagnata da febbre e altri sintomi di interessamento generale ed in questo caso è indicato assumere un antibiotico (ciprofloxacina il più efficace, 500 mg due volte al giorno, non sotto i 18 anni di età) 2. la malaria: evenienza non rara dato che ogni anno si contano dai 50 ai 70 casi (tutti di importazione) nella Regione Toscana (fonte: Bollettino Epidemiologico Regionale); a Livorno sono stati notificati 74 casi dal 1991 al 2004 (nella maggior parte ricoverati nella UO Malattie Infettive) con una media di 5,3 casi/anno, tra cui un caso ad esito infausto per malaria cerebrale. L’evento sottolinea l’importanza da una parte, di una corretta chemiprofilassi (preferibilmente da stabilire con una struttura specialistica), dall’altra della non sottovalutazione di sintomi anche banali (la febbre in primis) al ritorno da zona endemica. Infatti una diagnosi precoce, eseguibile facilmente con l’esame di una goccia di sangue su vetrino e quindi una precoce terapia, portano quasi sempre alla guarigione in tempi rapidi; la chemioprofilassi, pur necessaria ed efficace, non comporta il 100% di sicurezza per la presenza di parassiti resistenti ai farmaci utilizzati. Oggi abbiamo comunque a disposizione vari preparati (clorochina, meflochina, proguanil/atovaquone; promettente poi l’artemisina) che il medico esperto saprà di volta in volta consigliare.
Infine, per alcune malattie virali trasmesse da zanzare, attualmente molto diffuse in alcune zone dove hanno assunto caratteristiche epidemiche, esiste solo la prevenzione limitando, con opportuni accorgimenti, la puntura dei vettori; un esempio classico di quanto sopra sono due malattie come la Dengue e la Chikungunia (di quest’ultima è passata alle cronache recenti una epidemia autoctona nel Ravennate), di cui alcuni casi sono stati identificati anche a Livorno dal nostro Reparto Infettivi; sono malattie nella maggior parte dei casi a risoluzione spontanea ma che possono tranquillamente rovinare una vacanza o dare problemi più seri in soggetti debilitati.
Vorrei concludere con un messaggio positivo dato che, seguendo alcune regole elementari, tra cui in primo luogo una corretta ed aggiornata informazione scientifica, la vacanza può tranquillamente essere quella che ognuno si aspetta. Questi variano a seconda del paese di destinazione, modalità di alloggiamento, periodo dell’anno, itinerario (zone urbane o rurali), condizioni individuali, etc. In questi casi può essere utile rivolgersi ai centri specialistici citati che hanno la possibilità di esaminare la situazione per singolo paese; meno consigliabile è “il fai da te” consultando vari siti internet sull’argomento; se ne riportano comunque alcuni tra i più affidabili: “viaggiesalute.org”, “viaggiaresicuri.it” (in collaborazione con il Ministero della Sanità che fornisce anche indicazioni non strettamente sanitarie) per quanto riguarda quelli Italiani e “www.istm.org” e “www.cdc.org” (cliccare poi su traveler’s health) per quanto riguarda quelli stranieri/anglosassoni.
Dr. Riccardo Pardelli
UO Malattie Infettive ASL 6 Livorno
Il carcinoma del collo dell’utero: quale prevenzione?
Cos’ è il virus HPV?
E’ un virus che infetta la cute e le mucose di uomini e donne. In realtà si tratta di un grande gruppo di virus (gruppo papilloma-virus) che conta circa un centinaio di tipi geneticamente simili ma distinti tra loro. Alcuni tipi infettano la cute causando verruche, altri invece colpiscono le mucose ed in particolare le mucose del tratto genitale della donna ove possono determinare l’insorgenza di condilomi (lesioni benigne) ma anche di lesioni molto gravi, se l’infezione persiste nel tempo.
Come si contrae l’infezione?
L’infezione da HPV, riferendosi all’infezione delle vie genitali, è la più comune infezione virale sessualmente trasmessa, si calcola che fino all’80% delle donne sessualmente attive contraggono l’infezione entro il 50° anno di vita. Nella stragrande maggioranza dei casi l’infezione è asintomatica e viene contratta dalla donna attraverso un rapporto penetrativo con un maschio infetto, che difficilmente si ammala. Non si esclude che la trasmissione possa avvenire anche attraverso altre modalità di rapporto.
Il virus può causare il cancro?
L’infezione delle vie genitali della donna con alcuni tipi di virus (in particolare il 16 ed il 18) è la condizione necessaria affinchè si possa sviluppare il carcinoma della cervice uterina. E’ importante però sottolineare che mentre l’infezione virale è un evento comunissimo, il cancro è una complicanza rara dell’infezione che solitamente interviene a distanza di anni dal contagio. In altre parole la stragrande maggioranza delle infezioni con virus HPV si conclude con l’eliminazione spontanea del virus dall’organismo senza alcuna terapia e senza conseguenze per la donna.
Ma…adesso c’è il vaccino che previene l’infezione e quindi anche il cancro…!?
Il vaccino anti-HPV ( anzi i vaccini, poichè sono due) è in grado di prevenire solo l’infezione da alcuni tipi di virus ed in particolare i tipi 16 e 18. Il vaccino è molto efficace, sicuro e ben tollerato ma non tutti i carcinomi della cervice uterina sono una complicanza dell’infezione con il virus 16 e 18: anche altri tipi di virus HPV, seppur meno diffusi nella popolazione, sono in grado di determinare infezioni a rischio di evoluzione verso il cancro, e verso quest’ ultimi il vaccino non offre alcuna immunoprotezione.
Allora il vaccino non serve?
Il vaccino è un prezioso strumento di prevenzione primaria ed è molto efficace nel prevenire circa il 75% dei carcinomi del collo dell’utero ( Clifford 2006) ma rimane assolutamente necessario che le donne continuino a sottoporsi allo screening con Pap test, sia le donne vaccinate che le donne che non si siano sottoposte alla vaccinazione. Il vaccino e lo screening sono strategie vincenti ma complementari, vale a dire che l’una non esclude l’altra.
Il vaccino è rivolto a tutte le donne? E i maschi?
La vaccinazione dei maschi non è attualmente raccomandata, nonostante ci sia l’indicazione delle case farmaceutiche. Perquanto riguarda la donna, l’efficacia del vaccino è ottima se la donna non è già stata infettata dal virus e quindi la raccomandazione è forte in età puberale (10-12 anni) prima dell’inizio dell’attività sessuale. L’efficacia per donne sessualmente attive in fasce d’età successive e fino a 26 anni è risultata molto inferiore. Costa molto il vaccino? Al pubblico un intero ciclo vaccinale (tre dosi) costa oltre i 500 euro.
Allora il vecchio Pap-test è utile?
Assolutamente si. Il pap test è ad oggi l’unico strumento di prevenzione in grado di diminuire la mortalità specifica per carcinoma della cervice uterina. Con il Pap test si evidenziano quelle alterazioni cellulari provocate dal virus HPV che possono con il tempo trasformarsi in cancro. La diagnosi precoce con il pap test consente di identificare le alterazioni e quindi di eliminarle con terapie opportune. Il vaccino è un potente strumento di prevenzione primaria che darà sicuramente importanti benefici ma i vaccini attualmente disponibili, come ho già detto, non sono in grado di prevenire l’infezione da tutti i tipi di virus HPV potenzialmente pericolosi per lo sviluppo del cancro. Inoltre non tutte le donne possono essere sottoposte alla vaccinazione, e molte donne sottoposte alla vaccinazione potrebbero essere già state infettate dal virus, di tipo vaccinale e non. Quindi se mi è consentito concluderei consigliando vivamente alla popolazione femminile di non trascurare l’invito delle aziende Sanitarie a sottoporsi al test di screening, cioè al pap test.